Chiara Valli e Davide Ravacchia studiano all’ITS Maker di Modena. La loro passione è la meccanica. Potete immaginare la loro felicità quando hanno scoperto che avrebbero partecipato al progetto con Officine Pegoretti, azienda di culto nel mondo della bicicletta, assieme ad altri otto studenti che con loro stavano seguendo il corso in Tecnico Superiore in Progettazione Meccanica & Materiali. Gli studenti che hanno partecipato al progetto sono: Davide Ambriola, Edoardo Biancardi, Vittorio Decimi, Gianlivio Ferraro, Leonardo Ghidoni, Filippo Paris, Riccardo Tarlazzi.
La sfida progettuale era tutt’altro che semplice. I telai di Dario Pegoretti sono fatti su misura e ricercati dagli appassionati. Pietro Pietricola e Cristina Wurdig di Dario Pegoretti hanno proposto un progetto molto particolare: creare un sistema capace di assistere il lavoro delicato della saldatura ma senza automatizzarlo.
Sotto la guida di Selena Brocca e Sofia Ressia di Upskill 4.0, gli studenti hanno lavorato intensamente per mesi e sono riusciti a progettare e realizzare una nuova maschera per la saldatura che attraverso la combinazione tra realtà aumentata e sensoristica 4.0 consente di guidare con estrema precisione il lavoro del saldatore, senza però eliminare la componente artigianale del lavoro.
Pietro Pietricola e Cristina Wurdig sono entusiasti della soluzione e non vedono l’ora di poterla utilizzare in azienda.
Abbiamo chiesto a Chiara e Davide di raccontarci la loro esperienza.
Conoscevate Officina Dario Pegoretti? Quale aspetto ti piace di più di questa azienda?
Chiara: Officina Dario Pegoretti era una realtà a me non conosciuta e devo dire che è stata una piacevole scoperta poter collaborare con loro. La parte dell’azienda che di sicuro lascia più il segno è l’artigianato a 360° di cui si veste il prodotto che realizzano e la cura che hanno del cliente, così oltre a rendere unico il prodotto che realizzano rendono unica anche l’esperienza del cliente che lo acquista
Davide: Non conoscevo l’Officina Dario Pegoretti. Quando abbiamo visitato questa realtà, a inizio del progetto, ho capito fin da subito la passione che sta dietro ad un telaio da bici. Non essendo un prodotto troppo complesso, ciò che lo rende unico è la cura del dettaglio: dalla scelta dei tubolari in acciaio fino alla verniciatura.
Cosa vi ha colpito di più del progetto Upskill?
Chiara: L’esperienza Upskill ci ha permesso di affacciarci al Design Thinking, metodo che a noi era ancora poco conosciuto e devo dire che è stata la parte delle sfida progettuale che di sicuro ci porteremo dietro anche nella nostra futura realtà professionale. Abbiamo appreso nuovi metodi di confronto e di studio sia individuale che collettivo ottimamente illustrati dal project manager con cui abbiamo lavorato
Davide: La possibilità di trovare una soluzione, andando anche oltre le nostre competenze. Questa è stata per me una bella sfida, che mi ha permesso di non soffermarmi sui miei limiti, anzi di poter andare oltre. In sintesi, riscoprendo la bellezza della curiosità.
Cosa avete imparato dal progetto Upskill?
Chiara: Da questo progetto ho potuto imparare come rendere efficace la comunicazione di una propria idea in modo che ogni aspetto ne sia colto e soprattuto quanto sia importante il confronto e la collaborazione per non fermarsi ai primi ostacoli che si incontrano, ma bisogna approfondire di più ogni aspetto per poter portare avanti il proprio progetto ed ottenere un buon risultato.
Davide: Grazie al progetto di Upskill ho imparato a presentare davanti ad un pubblico, cercando di essere sintetico e comprensibile.
Qual è stata la sfida più difficile in questo progetto?
Chiara: Di sicuro la sfida più difficile del progetto è stato dover toccare altri ambiti non di nostra competenza, in quanto la realizzazione del nostro prototipo lo chiedeva. Avevamo la necessità di interfacciarci con il mondo della sensoristica e dei software, cosa non appartenente alla nostra materia di studio di base prettamente meccanica.
Davide: La sfida più difficile è stata: riuscire ad utilizzare il design thinking. Troppo spesso siamo abituati a dare soluzioni rapide ai problemi, mentre applicare questo metodo di innovazione ci ha permesso di analizzare la sfida progettuale, il contesto, l’applicazione ed infine trovare la soluzione più corretta.